La Via Francigena a Cavallo di un mulo

Quando sentiamo parlare di via Francigena immediatamente ci vengono in mente gruppi, più o meno numerosi, di viandanti appiedati, che con passo regolare camminano ammirando il paesaggio e chiacchierando tra di loro.
Anticamente sarebbero stati pellegrini che cavalcavano il così detto, “cavallo di San Francesco”, cioè andavano a piedi, con ritmi lenti scanditi dagli eventi atmosferici e dal susseguirsi delle stagioni.
Oggi attrezzature adatte, scarpe comode e luoghi dove riposare e rifocillarsi come l’Hotel Giulio Cesare, www.hotelgiuliocesarecinlquale.com ,rendono il percorso, non meno faticoso, ma più facile da fare.

 


Ma la via Francigena, come del resto tutti gli altri itinerari che nel medioevo attraversavano l’Europa erano soprattutto praticati cavalcando un cavallo o molto più frequentemente e meno elegantemente, un mulo.

I cavalli erano, durante quel periodo, molto costosi sia da comprare che da mantenere, richiedevano cure costanti e necessitavano di essere nutriti oltre che con il foraggio anche e soprattutto con granaglie, orzo, miglio, segale, che avevano un costo superiore.

Inoltre sopportavano malamente i viaggi lunghi e si ammalavano, si ferivano molto spesso, e, tra i vari incidenti che potevano capitare al quadrupede, la rottura di una zampa del cavallo era una vera e propria tragedia.

Ecco perché l’ utilizzo del mulo, l’ibrido non fecondo tra un cavallo ed un’asina, da non confondere con il bardotto, che invece nasceva dall’incrocio tra un asino ed una cavalla, è stato nell’Europa preindustriale una vera e propria rivoluzione, che ha reso più accessibili i viaggi sia per gli uomini che soprattutto per le merci, che viaggiavano a dorso di mulo, un animale più docile, resistente e con meno esigenze in fatto di cibo rispetto al cavallo, dotato di zampe molto più robuste adatte anche a percorsi accidentati ed alle molte salite e discese che caratterizzano l’orografia del nostro paese.

Tra l’altro, ai membri del clero, frati, monaci e suore era inibito l’utilizzo dei cavalli, animali bellici, cavalcature da guerra, e quindi potevano usare per i loro spostamenti solo i pacifici muli.

Attualmente le nostre strade, asfaltate e molto frequentate dalle automobili e dai camion, mal si adattano ad essere utilizzate dai quadrupedi, di qualunque natura essi siano, ragione per la quale la rinascita degli itinerari medievali ha visto soprattutto l’utilizzo delle scarpe o al più delle biciclette come mezzo di spostamento, tuttavia in alcuni casi, viaggiatori più intraprendenti e meglio attrezzati hanno continuato ad utilizzare cavalcature animali.

Molto famoso e celebrato viaggio di Mogol e Battisti, che nel lontano 1970, seguendo una immaginaria via Francigena ancora tutta da riscoprire, partirono a cavallo da appena fuori Milano e in pochi giorni arrivarono a Roma valicando l’Appennino utilizzando il passo della Cisa, l’antico monte Bordone del Barbarossa e poi percorrendo il litorale tirrenico fino a Civitavecchia.
Oppure più di recente il viaggio a cavallo di Andrea Bocelli, raccontato in The Journey,dalla Basilica di San Pietro a Roma fino all’ultima tappa a Lajatico, città natale dell’artista,

PhotoCredit: InToscana.it

In ogni caso la Via Francigena, in qualsiasi verso e con qualsiasi mezzo si percorra, rimane uno dei modi più autentici e suggestivi di conoscere il nostro Paese e percorrerla nel tratto che comprende la Versilia e il Cinquale, con le sue colline, le sue spiagge e i suoi sentieri è un nuovo modo di fare dell’undertourism.

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